Léo Ferré - BRANO DELLA PREFAZIONE : L'ARTE DELLA RIVOLTA

BRANO DELLA PREFAZIONE : L'ARTE DELLA RIVOLTA

A CURA DI MAURO MACARIO
(Selene Edizione, Milano, Italia)


Il pazzo ispirato, il poeta profetico, colui che sempre più apparterrà al futuro ha attraversato i cieli d'Europa nel secolo scorso simile a una cometa incendiaria, inseminando germogli libertari a raggiera plurigenerazionale, scoprendo le zone clandestine di una geografia interiore dove, a resistenza permanente, bengala luminosi rischiarano i luoghi di une natività anarchica. La sua scia stellare, anatemica e catartica, non si spegne. Si chiamava Léo Ferré.

Il saggisti più ortodossi, quelli che perseguono il metodo scientifico, teorizzano il distacco dall'Autore affinché la materia indagata non venga distorta da alcun coinvolgimento personale, operando cosi una sorta di microchirurgia analitica che sa di vivisezione. Indossato il camice dell'anatomo patologo procedono con freddezza a macellare la salma culturale per restituire alla memoria storica la polpa scelta. Strana contraddizione. Come dire a una persona che si ama : ti voglio bene ma non ti bacio, ti stimo ma non ti esalto, ti desidero ma non voglio possederti, sogno un figlio ma preferisco l'aborto. Strana seconda contraddizione. Dedicare una vita alla cultura, lamentarsi della sua scarsa crescita, stigmatizzare l'emarginazione della creatività e, al contempo, scavare una voragine tra cultura e vita come fossero disgiunte tra loro e dal resto delle funzioni biologiche e comportamentali quotidiane. Questa prospettiva, poco irrorata dal sangue e privata della sua carnalità, li toglie dalla giostra luminosa per rintanarli nella penombra di un magazzino disadorno adatto agli'operai specializzati ' della cultura. Bisogna tornare sulla giostra, accendere le luci e girare, girare, girare, fino a perdere la testa nel paese inventato da un altro dove si va per turismo esplorativo e che ti accoglie in un continente parallelo, li a due passi, il più delle volte parzialmente scoperto, solo assaggiato, mai pericolosamento percorso lungo le arterie pulsanti della sua genesi misteriosa. E non sarà facile, caro esegeta, se userai le armi convenzionali del sapere matematico e spoglio. Tanto più se il soggetto di questo incontro è un poeta che, in quando tale si renderà coriaceo al tuo bisturi, ti sorprenderà depistandosi ai codici della decifrazione, butterà in aria la sedia dell'interrogatorio poliziesco, si appellerà all'emendamento numero zero dell' anticostituzione libertaria, rivelando la sua combinazione segreta, la chiave d'entrata, solo in modo trasversale, dietro un reticolato di simboli, di invettive, di significanze nuove su parole consuete. E tutto avverrà - come diceva Ferré - nell'eternità dell'istante. Una realtà atemporale con fughe retroattive o avveniristiche dove l'istante provoca l'imprevisto come l'agguato di un indiano irriducibile fuori dalla riserva, con le sue armi estetiche e i suoi furori contenutistici. Con la sua identità unica e stirneriana. Invece il predatore di questo libro ha avuto il privilegio di conoscere e frequentare questo poeta, questo indiano, questo sciamano visionario.

Léo Ferré - BRANO DELLA PREFAZIONE :
 L'ARTE DELLA RIVOLTA

Un indiano europeo in difesa permanente di tutte le minoranze, degli oppressi, degli sconfitti e della tribù dei poeti smembrati e dispersi da un'epoca all'altra. Errabondi, apolidi, orfani di tutto. Dieci anni d'amicizia con Ferré. Per questo non usero il bisturi, ma segnali di fumo, quel linguaggio non accessibile a tutti e cosi simile alle nuvole quando paiono dissolversi e invece si rimescolano da un'altra parte con forme diverse e dai significati paragonabili agli ideogrammi o alle pittografie tribali. Mai come con Ferré la parola per descriverlo rischia di tradire e svilire la reale dimensione di una personalità insondabile nella sua totalità, la personalità di un genio interdisciplinare come dimostra la sua immensa opera cosi complessa e incodificabile nella musica, nella poesia, nella saggistica e nella canzone.
Opera giustamente definita in Francia " la galassia Ferré " e che ogni giorno, a distanza di anni, si moltiplica clonandosi in nuovi inediti con un flusso creativo che porta con sé l'autoconcepimento continuo. Ma anche per chi, come me, lo ascolta e lo legge da sempre, sempre scoprendo altri segmenti di questa galassia. L'incodificabilità di Ferré appartiene all'eredità artistica che ci ha lasciato, tentarne la collocazione sarebbe fargli torto, si rischierebbe di incasselarlo nei loculi euclidei che tanto destestava a tal punto di augurare a Euclide di finire nella pattumiera. Si, è stato il moi maestro di poesia e anarchia, lui che non voleva essere maestro di nessuno, ma solo amico e compagno di questa avventura umana, che come ha raccontato nel suo romanzo musicale lungo quarant'anni, si snoda tra soprusi, massacri, umiliazioni, repressioni, ingiustizie su ogni latitudine terrestre e che non smette mai di far sanguinare le teste e i cuori degli antieroi vittoriosi, dei sommersi, dei perduti, dei randagi rabbiosi e dei solitari offesi. E sempre là Léo, col pugno nell'utopico sulle barricate di una testarda speranza : la libertà dell'individuo e l'abbatimento di ogni forma di autorità. Dieci anni con Ferré. Dieci anni di illuminazioni e rivelazioni circumnavigando l'arcipelago della musica, calandomi perpendicolarmente nei pozzi poetici, identificando l'anarchia con una A grande come Amore ; cosi aveva scritto di suo pugno sulla copertina della rivista " Le monde libertaire " perché cosi la intendeva. Quel mondo libertario francese che lo amava e che lui ricambiava organizzando ogni anno un 'gala' a favore della stampa anarchica. Frequentatore della cellula " Louise Michel ", amico fraterno di quella figura leggendaria che fu Maurice Joyeux, Léo ha cambiato il DNA del mio immaginario o più semplicemente me lo ha rivelato, assopito come era nella sua acerba embrionalità, ha scoperto il genoma, la mappa delle mie istanze più profonde. Mi ha reso poeta perché già stare accanto a lui era un esercizio di poesia inconscia, mi ha stimolato a scrivere versi, incitato a perseguire le urgenze rinviate e a liberarle. Dieci anni di sconvolgimento, stupori, estasi, per rinascere. Mi ha ridonato il senso del sogno. Una volta, a Parigi, dopo un recital, ero andato a trovarlo in camerino e con slancio gli avevo confessato che era nato quella sera. Poco dopo, fuori dal teatro, mentre Maria, sua moglie, metteva a posto i bagagli in macchina, Léo con naturalezza altrettanto fanciullesca, si rivolse a lei con queste parole : " Sai Maria, Mauro è nato questa sera ! ".

Mauro Macario

Un grazie di tutto cuore a Quentin Dupont e a Mauro Macario
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